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mercoledì 13 luglio 2011

H

habbà v.tr. - Gabbare, ingannare con frode o per scherno: finìṷtə la féstə, habbatə lu Santə, finita la festa, gabbato il Santo: facendo festa ai Santi, si concepiscono anche dei buoni propositi, per cui si promette di essere più buoni e di comportarsi meglio nella vita. Passato quel momento, però, i buoni propositi scompaiono e si riprende il solito tran tran. Un poco come i marinai con le loro promesse al momento del naufragio che non vengono mantenute quando torna la bonaccia. Nən də fà habbà.
habbə s.m. - Gabbo, burla, beffa, meraviglia, in frasi che significano: farsi meraviglia di uno: mə nə faccə habbə e maravèjjə, mi meraviglio grandemente.
hàbbiə s.f. - Gabbia.
habbijùnə s.m. - Gabbione: elemento di difesa idraulica collocato a riparo di argini, ponti, scarpate fluviali e sim., costituito da un contenitore di rete metallica riempito di ciottoli e pietre
hagnə v.tr. - Ungere: na fellə də panə handə, una fetta di pane unto all’olio.
hagnə s.f. - 1. Unghia. 2. fig. Piccola quantità, un po’, un pazzo: nin ti n’hagnə də forzə, non ha un briciolo di forza.
hàləpə s.f. - Volpe, è na hàləpə vicchiə (è furbo, sa il fatto suo, ha esperienza).
haliòttə s.m. - Persona di animo cattivo.
hallatə agg. - Dell’uovo, essere fecondato.
hallə s.m. - Gallo. ‣ Fra tanda hèllə nən fa ma’ jurnə, fra tanti galli non fa mai giorno!
hallèinə s. f. [lat. gallīna, der. di gallus “gallo”]. - Gallina. • Prov.: la hallèinə faitə l’ éṷvə e lu hallə i dèṷlə lu chíṷlə, la gallina fa l’uovo e il gallo strilla, quante volte succede che chi fa opere egregie e se ne sta in disparte, viene surclassato dal furbo che se ne serve per rivendicarne i meriti. Può darsi anche che uno soffre e l’altro ne approfitta per prendersene il beneficio.); hallèinə furèštə; la hallèinə də centə pitə; donna che gira e sta sempre in moto; parlə canda pescə la hallèinə parla quando orina la gallina, perentorio invito a tacere in quanto la gallina è sprovvista di apparato urinario.
hallənaccə s.m. - Tacchino.
halliccə də san Pitrə s.m. (zool.). - Upupa (Upupa epops), caratterizzato da ali e coda a bande bianche e nere, piumaggio bruno roseo, da una cresta di lunghe penne erettili sulla testa, e da becco sottile, appuntito e curvo verso il basso, un tempo ritenuto erroneamente un uccello notturno a causa del suo canto monotono.
hangə s.m. - Gancio.
hanghə s.f. - (germ. wango) Mascella.
hangalə s.m. - Dente molare.
hangattə s.f. - Mandibola.
hannə s.f. - Gonna.
harbéine s. m. [dall’arabo gharbī «occidentale»]. – Vento di libeccio (è voce in uso sul litorale adriatico): nuvoli cacciati dal g. improvviso (D’Annunzio).
hardə v.tr. e intr. ardere, bruciare.
harzamillə s.m. - Gola, ugola.
hattàreṷlə s.f. - Gattaiola, buco che si fa nella parte inferiore delle porte per farvi passare un gatto.
hattàṷnə s.m. - Gatto maschio.
hattə s.m. - Gatto, fejjə di hattə, sargə acchiappə, figlio di gatto, sorci acchiappa, il comportamento è determinato dagli insegnamenti ricevuti; locuz. fa la hatta mortə, fa la gatta morta, persona furba, astuta; proverb. candə ‘ngə sta la hattə, lu sargə abballə, quando non c’è il gatto, i topi ballano; frèjə lu pascə ə guardə la hattə, friggi il pesce e guarda il gatto. Il consiglio che viene dato è molto saggio. Quando, infatti, si fanno delle cose delicate e impegnative non bisogna mai perdere di vista l’avversario che potrebbe approfittare di una nostra svista per trarne il suo tornaconto; Candə la hattə non po’ rrué a lu lardə dèi̭ ca è rancədə, quando il gatto non riesce a raggiungere il lardo dice che è rancido) Da sempre tutto ciò che non si riesce ad ottenere si sostiene che non è degno di noi. ‣ Dim. hattìcə,  gattino.
hèrzə s.m. - fig. È frequente in molte locuz. col sign. di cosa di nessuna importanza o di niente. attacchetə a na herzə.
hìṷnə agg. numer. card., uno: hìṷnə sàṷlə, uno soltanto.
hìuvə s.m. - Uva.
hragniəlattə s.m. - Tracina vipera ( Trachinus vipera). E’ una specie che predilige la costa e nei mesi estivi si trova a bassissima profondità, semi-infossata nella sabbia, pronta ad attaccare o a difendersi con le spine velenose. Possiede, senz’altro, il veleno più potente dei pesci presente nei Mari italiani. Il dolore è molto forte, un bruciore profondo che si irradia dalla ferita (che sanguina) lungo tutto l’arto, raramente arrivando fino all’inguine o all’ascella (a seconda dell’arto colpito), raggiungendo il suo massimo dopo 30-45 minuti dalla puntura, perdurando a volte per 24 ore, con strascichi di formicolii e insensibilità.
hudè v.intr. e tr., godere.
hùcchiə s. m. [lat. oculus]. - Occhio: lə pennàzzerə dell’ hùcchiə, le ciglia; je rédə l’ hùcchiə, è felice come una Pasqua; ie hèscə l’ hùcchiə, mostra tutta la sua avidità; ie lə fà l’ hùcchiə, ha le traveggole; addo’ tè l’ hùcchiə,. tè lə ménə, è un ladro autentico; ne ndè mànghə l’ hùcchiə pə piagnə, è poverissimo; mo tə càccə l’ hùcchiə, ce l’hai davanti agli occhi e non lo vedi.
hujetə agg. - Rancido, di mandorle, noci: mennələ, lə nìṷcə s’è hujetə, le mandorle, le noci si sono irrancidite.

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